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    CONNORS


    JIMBO L’ANGELO STERMINATORE. Sui courts di cemento, la furia dei suoi “piattoni” di rovescio con leggera rotazione ad uscire, che li rendeva ancor più letali, ed il mulinare forsennato di quella scimitarra cromata e lucente che era la “sua” Wilson “T2000”, uniti alla sua chioma “a caschetto”, lo facevano assomigliare all’angelo sterminatore dell’Apocalisse. Dalla seconda metà degli anni ‘70 trovò ben pochi che riuscirono a tenergli testa, fatta eccezione per “Sua Maestà Borg”: ecco, quella fu la parte di carriera in cui Jimmy (Jimbo) Connors venne soprannominato “l’antipatico”; d’altronde, era un “fighter”, un combattente per natura, che gli anni e l’arrivo di Mc Enroe contribuirono, con alcune smussature negli eccessi, a renderlo una simpatica canaglia. Questo, probabilmente, ebbe inizio dal vittorioso Wimbledon ‘82, conquistato dal trentenne leone a spese del rampante numero uno Johnny Mac. Nella seconda parte di carriera, come detto, Connors cambiò completamente il suo modo arrogante di fare: non più palle rubate all’avversario (come nella semifinale di Forest Hills ‘77 contro Barrazzutti), non più dita medie alzate contro l’avversario, l’arbitro o il pubblico, non più parolacce irriferibili a destra e a manca, bensì una grinta, una voglia di lottare e di vincere, deliziando il pubblico e facendosi sostenere da esso fino in fondo; tutto ciò accompagnerà il “nuovo Connors” per molti anni, fino al termine della sua splendente avventura tennistica. Derivata dal famoso brevetto Lacoste, la Wilson “T2000” si proponeva come racchetta innovativa, dalle caratteristiche sicuramente particolari: costruita interamente in lega d’acciaio cromato (René Lacoste era un vero esperto di leghe metalliche e delle loro caratteristiche), aveva forma rotondeggiante ed era sprovvista dei classici fori per il passaggio delle corde; l’incordatura, infatti, trovava alloggio all’interno dell’ovale, “sospesa” tramite un filo di acciaio che si avvolgeva intorno all’ovale stesso: tale sistema d’incordatura era denominato, appunto, “a sospensione”. Al di là dei vantaggi, non proprio noti, del sistema (si supponeva che migliorassero il controllo e la sensibilità di palla), ogni volta che si colpiva la sfera gialla (“pardon”: bianca), la racchetta “cigolava”, inoltre proponeva dei seri grattacapi a chi doveva incordarla: ancor oggi rimane un rebus per molti tecnici, per via di uno schema d’incordatura piuttosto laborioso. L’insieme veniva completato dal manico in plastica rigida che si chiudeva “a conchiglia” nella parte terminale del telaio, dando luogo anch’esso a vari scricchiolii. Ma nelle mani di Jimbo, questa racchetta, elasticissima e potente come una catapulta improponibile ai più, diventava un ariete di sfondamento, inoltre, non contento, il campione americano provvedeva personalmente ad appesantirla in testa con varie striscie di piombo autoadesivo. Jimmy ci giocò a lungo, fino alla soglia degli anni ‘90; quello che utilizzò dopo, è un altro discorso, che non fa parte del periodo trattato dal libro: nell’85, infatti, il record di 109 tornei vinti e l’addio alle gare, erano un traguardo ben lontano per la stella americana.



    Connors

     
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