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    GERULAITIS


    VITAS L’INCARNAZIONE DEL JET-TENNIS Per l’angelo biondo Vitas Gerulaitis il jet-tennis rappresentava il suo elemento naturale, nel quale giocava, viveva e dal quale traeva energia, quella stessa energia che gli venne tolta dal monossido di carbonio sprigionato da una stufa una decina di anni fa. E’ il destino comune ai veri immortali quello di andarsene presto, da giovani. Gerulaitis scendeva a rete con la grazia di una farfalla, la lunga criniera bionda al vento, pronto ad intercettare senza fatica apparente i passanti dell’avversario; non vi era forzatura nelle sue volées: tutto era semplice, essenziale, candido, come i suoi completi di Sergio Tacchini, come i fusti delle sue Wilson (prima la “Stan Smith Autograph”, poi la classicissima “Kramer Autograph Stiff Model”), come le garze delle sue impugnature che cambiava e rifaceva ad ogni cambio campo, come le righe del rettangolo di gioco che evitava di calpestare, in una sorta di rito scaramantico, attraversandolo prima di riprendere il match. Il colore, in tutto questo, venne dopo: era il 1981 quando il tennista newyorkese di origini lituane cambiò sponsor tecnico sia per l’abbigliamento (passò alla Maggia che lo rivestì con completi a righe multicolor) che per le racchette, giocando con il modello a lui dedicato della casa belga Snauwaert. Era, questa, una bella e singolare racchetta dal fusto in legno; contrariamente a quasi tutte le altre che utilizzavano le tonalità del legno per la cosmesi, la “Vitas Gerulaitis Autograph” abbinava ad uno sfondo argenteo scritte e fregi di color azzurro e rosso vivo. Se Borg, Vilas e la maggior parte dei campioni dell’epoca preferivano giocare con racchette particolarmente pesanti, Gerulaitis rappresentava certamente un’eccezione: lui utilizzava telai light-medium, dal peso di 12 once e mezzo. Questo lo aiutava certamente nel suo gioco, che non era potente, ma estremamente veloce: il suo attrezzo, dunque, ricalcava in pieno le sue caratteristiche tecniche. Tali dinamismo e classe nel gioco li aveva dimostrati in occasione della finale degli Internazionali d’Italia nel ‘79 quando, in svantaggio, riuscì a ribaltare una situazione particolarmente compromessa contro quel rullo compressore di Vilas e ad aggiudicarsi l’incontro nel set decisivo, oppure in occasione degli US Open dello stesso anno quando sbaragliò a suon di volées un’agguerrita concorrenza, fermato in finale da un superlativo Mc Enroe. Gli ultimi ricordi del tennista playboy, che amava così tanto la bella vita, risalgono al novembre dell’84, quando conquistò in quel di Treviso il suo ultimo torneo contro l’emergente Benhabiles: era passato a giocare con un mid-size in legno e composite, sempre della Snauwaert e occupava ancora le prime posizioni del rancing mondiale. Lo avrei rivisto circa un anno dopo, in una fugace esibizione contro un pensionato Panatta a Padova: gli chiesi l’autografo insieme a decine di fans, svincolandosi mi girò le spalle, inconsapevole del destino che lo aspettava.



    Gerulaitis

     
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