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    McENROE


    SUPER GENIUS Non si può dire che SuperMac avesse mezze misure mentre saltellava sopra le corde in budello (tese quanto l’elastico delle mutande) delle sue Wilson “Jack Kramer Pro Staff” durante un incontro serale del “Master Brookline” a Milano nell’inverno del ‘78 (o ‘79). Già, ma John Mc Enroe eccedeva in tutto, sia nel suo talento di gioco (paragonabile all’abilità con cui D’Artagnan si destreggiava con il suo fioretto) sia nelle sfuriate al limite dell’isteria e della maleducazione: rimane una “perla” la volta in cui, durante il torneo di Wimbledon, al termine della sessione d’allenamento, esortato più volte da un’anziana socia del club a cederle il campo prenotato, stizzito Mc Enroe la fece inorridire suggerendole di infilarsi il manico della sua racchetta in quel posto! Risultato: nonostante avesse poi vinto i “Championships”, il buon Mac dovette attendere qualche anno per entrare a farne parte come membro onorario, ma la cosa, probabilmente, non lo turbò più di tanto. Se, a vederlo per strada, poteva dare l’impressione di uno che fosse stato appena buttato giù dal letto, sul rettangolo di gioco era un “unto dal Signore”: impattava la palla con tale anticipo e leggerezza, che faceva sembrare il gioco del tennis come la cosa più semplice del mondo; movimenti brevi e lineari accompagnavano l’esecuzione dei suoi colpi, trasformandoli di volta in volta, in sfilettate definitive o rasoiate mortali; le volées poi, erano colpi di bisturi che ti lasciavano secco, se non ci pensava prima il suo strano servizio “avvitato” a trafiggerti. Come facesse a controllare tutti i colpi con le racchette incordate a 16, 17 kg. poi, resta un mistero riconducibile a ciò che ho scritto prima: con illeggibili variazioni di polso, ti proponeva palle che parevano giocate da un alieno e mai nessuna era uguale alla precedente. Salito alla ribalta a Wimbledon ‘77 con la semifinale persa contro Jimmy Connors, Mac utilizzò nei primi anni di professionismo fino al 1981, la mitica Wilson “Jack Kramer Pro Staff”, senz’altro la più rigida e impegnativa del lotto di attrezzi dedicati al campione inventore del tennis professionistico; chi non ricorda la splendida racchetta massiccia e squadrata, dal manico e dalla mezzaluna sopra il cuore di color marrone scuro, arricchita sul fusto bianco dai due caratteristici rombi? Una curiosità di questa racchetta: si potevano acquistare, al tempo, copie identiche come peso, bilanciamento e rigidità (cosa davvero non comune in quel periodo). In seguito, la britannica Dunlop armò il ventiduenne John con la classicissima “Maxply Fort”, la racchetta di moltissimi campioni, dando inizio così ad uno dei più lunghi rapporti di collaborazione, peraltro esistente ancor oggi. Il passaggio al nuovo attrezzo consacrò per la prima volta John sul trono di Wimbledon ‘81. L’anno successivo, la casa inglese lanciò un modello a lui dedicato, la “Maxply Mc Enroe”: versione più rigida della “Fort”, grazie a delle placcature in fibra di vetro nelle zone più soggette a flessione nel telaio. Si trattò comunque di una classica racchetta in legno, sul genere della “Jack Kramer Pro Staff”, sebbene di fattezze più snelle. Nonostante la buona fattura ed il nome di grande richiamo, la “Maxply Mc Enroe” ebbe una breve esistenza: la rivoluzione dei nuovi formati e materiali era già iniziata e l’ultima generazione di campioni si stava equipaggiando di tale tecnologia. Seppur amante del classico, (forse) a malincuore, anche il mancino fuoriclasse si assoggettò al progresso …e fece bene! Perché una stagione fantastica, unica e irripetibile si stava aprendo dinanzi a sé: dietro a lui si era perso il suo antico rivale Björn Borg, si era sostituito a Connors come primo tennista americano e, soprattutto, sedeva sulla poltrona di indiscusso leader mondiale di singolo e doppio… nessun’altra cosa poteva essere di migliore auspicio. La leggendaria “Max 200G” della Dunlop lo accompagnerà per quella stagione: il 1984, che resterà negli annali della storia del nostro tennis come una fulgidissima perla, probabilmente irrealizzabile da chiunque altro. Basta solo aggiungere che in quell’anno fu inavvicinabile per chiunque, perdendo la miseria di tre partite su ottantacinque incontri disputati: in una di queste tre, Ivan “il terribile” gli diede il più grande dispiacere della sua vita tennistica che, dopo quella stagione, non fu più così grande.



    Mc-Enroe

     
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