• Home Page
  • Collezionismo
  • Perchè farsi socio
  • Archivio
  • Collezioni dei Soci
  • Storia

  •  

    VILAS


    IL POETA DEL TENNIS Il braccione sinistro grosso quanto una gamba di un uomo, si caricava e torceva per sferrare un micidiale colpo carico di top spin, la palla piena di rotazione abbandonava velocemente le corde in budello, che nel frattempo si erano spostate sotto l’effetto della potente sferzata; Guillermo Vilas guardò il suo avversario che non era riuscito a contrastare il suo colpo, sorrise ed alzò le braccia al cielo: i “Championship” erano suoi, aveva conquistato Wimbledon. Ma si trattava della sequenza di un film, “Californian playboy”, girata realmente a Wimbledon prima della finale del 1978, dove il campione argentino, apparendo brevemente, interpretava sé stesso. Nonostante il suo gioco, fatto di fisicità, pressione e rotazioni esasperate da fondo campo (perfetto, dunque, per le superfici in mattone tritato), Guillermo accarezzava sicuramente il sogno, un giorno, prima del termine della sua carriera, di poter alzare la coppa del vincitore sulla “sacra” erba del centrale; d’altronde, perché non sognare? Nel 1974 aveva pur sempre conquistato il master Gran Prix sull’erba australiana di Melbourne, ed era stato nel “magico” ‘77 il numero uno virtuale del tennis, posizione negatagli dai perversi calcoli del computer, ma confermatagli dai molti tornei vinti e da quella indimenticabile striscia di poco meno di cinquanta incontri consecutivi vittoriosi, che un birbone Nastase gli aveva interrotto facendolo ammattire con imprevedibili rotazioni e rimbalzi della palla, utilizzando racchette con la famosa “incordatura spaghetti”, tanto da costringerlo al ritiro nella finale del torneo di Aix en Provence. Il campione argentino, nonostante i suoi muscoli e la presenza poco rassicurante del suo coach, mentore e factotum Jon Tiriac (soprannominato “l’orso dei Carpazi”), era interprete e scrittore di versi poetici, oltre che sensibile al fascino femminile, tanto da pubblicare due raccolte di poesie ed un “LP” di canzoni. Da quell’anno il tennista di Mar del Plata utilizzò un modello di racchetta appositamente ideato e costruito per lui dalla Head denominato inizialmente “Experimental”; l’anno successivo prese il nome di “Head Vilas” e avrebbe accompagnato Guillermo per diverse stagioni divenendo per tutti i tennisti dell’epoca un “non plus ultra”. Si trattava, come già detto, di un bellissimo attrezzo, particolarmente impegnativo, rigido, a “cuore aperto” (autentica novità per le racchette lignee del tempo); abbinava il color nero delle due superfici in fibra di vetro (o forse graphite) poste a sandwich fino alle spalle, ai sette strati sottili di legno “a vista” che componevano le spalle stesse, rinforzate da due sottilissime lamine in graphite ed ulteriormente arricchite da un “cuneo” dello stesso materiale posto all’apice della testa: questo per spostare lo “sweet spot”, o centro utile di battuta, più verso l’alto, per generare maggiore potenza; corredavano il tutto un’impugnatura in cuoio di qualità superiore e delle raffinate e semplici decals. Vilas era solito utilizzare per ogni match un paio di racchette che alternava per avere un’usura limitata e costante delle corde, inoltre era solito rivestire le impugnature delle sue racchette con della garza di colore rosa ed appesantirle in testa con una lunga striscia di piombo autoadesivo. Il sogno di Wimbledon restò tale, ma il tennista argentino riuscì a far suoi due slams consecutivi sull’“erba” del “Kooyong Stadium” di Melbourne, in occasione degli Australian Open del 1978 e 1979. Non si possono scordare, inoltre, le sfide con Björn Borg in finale al Roland Garros ‘78, con Vitas Gerulaitis al Foro Italico ‘79, con Jimbo Connors a Montecarlo ‘81 (finale sospesa per pioggia e non più disputata), con Yannich Noah al Foro Italico ‘80 e con Mats Wilander a Parigi ‘82. Vilas è sempre stato considerato un eroe nazionale, il numero uno assoluto nel suo paese; dovette sostenere, ma solo per poche stagioni, il confronto con l’altro idolo argentino José Luis Clerc che gli fu superiore e riuscì a batterlo per un breve periodo nel 1981. Sembrava un’inversione di tendenza quando nell’81 Guillermo lasciò la fidata Head per utilizzare la Slazenger “Vilas Tour”, lasciare cioè un attrezzo che, nonostante fosse uscito cinque anni prima, restava tecnologicamente (per il tempo) attuale, per utilizzare una racchetta che sembrava esteriormente il rifacimento del classico telaio in legno; inoltre, il tennista-poeta aveva precedentemente, per breve periodo, sperimentato l’iper-tecnologica “Comfort” della Head: attrezzo mid-size in fiber glass carbonio (una novità) e dall’impugnatura intercambiabile (si poteva cioè, una volta tolto il grip, mediante due viti sostituire il manico composto da due semigusci, se questo era di dimensioni non confacenti all’utilizzatore). La “Vilas Tour”, affiancata in commercio dalla più economica “Vilas International”, era una racchetta (da come si leggeva sul dépliant illustrativo) disegnata e costruita secondo le richieste del campione argentino, di forma classica, piuttosto squadrata e massiccia, con l’ovale a forma di cucchiaio; ad un attento esame si poteva notare sotto il “colore crema” del fusto e delle spalle una placcatura a sandwich in fiber glass; su un lato di una spalla vi erano trascritte le vittorie in carriera di Vilas, seguite dall’anno, dando così maggior fascino al tealio di per sé non bellissimo; completava il tutto il grip di cuoio color amaranto. Con lei il “poeta del lift” ci giocò e vinse poco: probabilmente, da parte della casa inglese fu un tentativo (fatto anche dagli altri marchi) di rilancio di una produzione, quella classica in legno, dai giorni contati. Il mercato spingeva ormai da un’altra parte e il trentenne Vilas si dovette adeguare, pur restando in casa Slazenger: “V-24” era il nome del nuovo mid in legno e composite. Bello, di color granata, il nuovo attrezzo era arricchito da profili color oro; stampata a lato, vi era la firma del campione. La utilizzò anche un giovane Pat Cash che vinse “L’avvenire” del 1984 (campionato internazionale under 18). Guillermo spinse la propria carriera fino in prossimità degli anni ‘90, alla soglia dei quarant’anni, continuando a macinare ore di allenamento con grinta e serena consapevolezza che il suo tempo migliore era passato, ma si divertiva forse di più senza il peso dei risultati e poteva godersi il tour, vincendo ancora qualche partita sbracciando le Puma in fibra a lui dedicate. Ancora oggi, nel signore distinto dalla fluente chioma, si legge sul sorriso e sui suoi occhi una giovinezza mai smarrita.



    Vilas

     
    Torna indietro