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    PRINCE


    Se c’è una società che ha rivoluzionato completamente il concetto di racchetta da tennis questa non può che essere la Prince.

    Dopo il ritiro dalla AMF Head, Mr. Howard passò alla Prince, contemporaneamente decise di prendere lezioni di tennis. A tal proposito,  nel 1970, inventò una macchina lancia palle che in seguito venne prodotta dalla ditta americana. E fu così che prese vita il logo della Prince, composto dal nome del marchio, dove si evinceva chiaramente la forma del cannone lanciapalle al posto della lettera ‘i’.

    Dopo un periodo di riflessione e appreso il gioco del tennis, dalla mente geniale di Howard Head (che nel frattempo diventò il maggior azionista e presidente della Prince) fu partorita quella che sarà l’invenzione più rivoluzionaria e redditizia nel mondo del tennis del ventesimo secolo.

     E’ del 1975 la prima apparizione della ‘Classic’, racchettone progettato da Howard Head.

     L’Ufficio Marchi e Brevetti in un primo tempo respinse la richiesta di brevettarlo ma ben presto cambiò parere quando si rese conto dello sviluppo dello ‘sweet point’ grazie ai dati riportati durante i test.

     Per meglio far comprendere questa straordinaria storia citiamo alcune note riportate dalla rivista ‘Il Tennis Italiano’ all’inizio degli anni Ottanta.

     Da: ‘La suggestiva storia di un geniale manager’:

     ‘Proprio sei anni fa, quando saltò dentro ai campi da tennis, brandendo il suo più recente colpo di genio, una racchetta che appariva grande ed ingombrante  come una porta, egli fu salutato da un coro di sghignazzate e spiritosaggini. ‘Salve Howard’ ridacchiavano i burloni, ‘cosa intendi fare con quell’aggeggio? Colare gli spaghetti? Prendere le farfalle? Andare a pesca di strascico?. Vic Branden, istruttore professionista, arrivò ad ammettere che il banjo di Head avrebbe certamente aggiunto una nuova dimensione al gioco del tennis: ‘Ora, quando servite, potrete colpire entrambe le vostre gambe, invece che una sola!’. Head sorrideva, ma non Mal Bash, un socio di Howard che era ‘incastrato’ nella ricerca. Bash ammise poco dopo: ‘era imbarazzante; la gente si avvicinava e chiedeva: Quella cosa è legale?’ e in tutta serietà: ‘Che tipo di gioco potete giocare?’.

     Come andò a finire lo sappiamo bene, l’unico a ridere finì per essere il solo Head mentre andava in banca.

     Si, Howard aveva avuto nuovamente ragione. A fine anni settanta, nel momento in cui la vendita delle altre racchette scendeva precipitosamente, la linea Prince decollò come un razzo lunare. E ciò per una buona ragione, disse Howard, indugiando nell’assaporare il suo ‘ve lo avevo detto’, ‘la Prince ha la forma che le racchette avrebbero  dovuto avere da sempre. Non ho alcun dubbio che tra tre o quattro anni, essa sarà la forma convenzionale, e le altre saranno considerate piccole, strane e fuori moda’.

     Ottenuto il brevetto, la Prince debuttò nel 1977 con la Classic realizzata in metallo aeronautico, la prima racchetta al mondo over size, in pratica Howard Head aveva raddoppiato il piatto corde del 50% nell’anno del grande boom del tennis.

     Tra i primi ad adottarne una vi furono i campioni veterani Graebner, Tiriac e Budge che la definì di gran lunga la migliore racchetta con la quale avesse giocato.

     Anche tra i vip trovò chi ne apprezzò la maneggevolezza tra cui Luciano Pavarotti, Ottavio Missoni e gli attori americani Bill Cosby e Richard Roundtree.

     L’anno successivo erano già molti i professionisti che usavano la Prince e  Pam Shriver, sedicenne e pupilla di Mr. Head, arrivò in finale agli US Open giocando con una Classic.

     Gli altri modelli erano rispettivamente ‘Pro’, ‘Woodie’ e ‘Graphite’.

     Tra gli altri testimonial di quel periodo ricordiamo Andrea Temesvari, John Alexander, Kathy Rinaldi, Mary Lou Piatek, Gianluca Pozzi e Kathleen Horvath.

     L’accordo tra Prince e Pro Kennex (che produceva, tra l’altro, racchette per la stessa Prince), basato sul fatto che la casa statunitense avrebbe per un certo numero di anni prodotto e venduto solo il formato over size lasciando alla casa di Taiwan il ‘via libera’ al mercato del mid-side, portò la Prince alla specializzazione in questo segmento di mercato. Consolidò così ulteriormente la sua leadership con l’introduzione di nuovi ed importanti modelli come il ‘Composite’ (in graphite e fiberglass), il ‘Boron’ (gioiello in graphite e boron dal costo di un milione di lire), il ‘Classic II’ e ‘l’International’ (ambedue in tubolare in alluminio).

     Successivamente, con lo scadere dell’accordo con Pro Kennex, Prince incominciò ad affiancare ad ogni suo ‘racchettone’ la versione mid-size da 90 pollici quadrati (questo per soddisfare tutti coloro i quali mal sopportavano il piatto corde grande e nel contempo per accappararsi un’ulteriore fetta di mercato).

     Con il passare degli anni Prince mutò anche la sua politica: non più racchette solo d’elite, ma anche modelli dai prezzi più popolari, ingrandendo notevolmente le sue collezioni; questo però fece storcere il naso a molti appassionati abituati a considerare  Prince il top del mercato.

     In seguito all’introduzione di questi modelli il numero dei giocatori aumentò vertiginosamente.

     Gene Mayer, tra i più validi giocatori di quegli anni, risalì rapidamente la classifica grazie anche alla sua Prince ‘Graphite’. La stessa racchetta fu adoperata da Paul McNamee, mentre il suo compagno di doppio Peter McNamara preferì il legno della Woodie, con i risultati che oggi gli annuari del tennis annoverano grazie alle loro imprese.

     Con la Woodie, anche tra i diffidenti dei nuovi materiali, c’era chi poteva contare sul racchettone costruito in legno e fibra.

     Successivamente questa racchetta sarebbe diventata una tra le più amate di tutti i tempi.

     Possedere una Prince all’inizio degli anni ottanta, qualunque fosse il modello, ti faceva sentire un signore dei campi da tennis: avevi la consapevolezza di tenere fra le mani un qualcosa di estremamente moderno ed esclusivo, uno ‘status symbol’. Poi era bello giocarci, perché erano ‘grandi’, facili, ti permettevano di fare quello che il legno convenzionale e le altre racchette ‘piccole’ non ti permettevano; insomma era il sogno proibito di tutti noi tennisti (proibito perché molto costose).

     In cima ai nostri sogni ci fu senz’altro la ‘Graphite 110’, il racchettone nero con le righine verdi e il ponte trasversale 100% in graphite: un’autentica Ferrari delle racchette da tennis (anche per il prezzo che raggiunse le seicentomila lire nel 1985).

     Il 1983 fu anche l’anno della ‘Precision Graphite’, che cambierà in ‘Magnesium Pro’ con la quale Pat Cash vinse Wimbledon.

     E’ del 1985 la Prince ‘Spectrum Comp’, un telaio arricchito con l’impiego del kevlar e vetroceramica. Di questo modello venne anche fatta una versione ‘Limited Edition’ di colore giallo, tra l’altro utilizzata in una scena del film ‘Le streghe di Eastwick’.

     Le racchette della serie 90 DB (Duble Bridge) rappresentavano la nuova tecnologia di casa Prince.

     Il doppio ponte della ‘Graphitech Oversize’ che racchiudeva un cuscinetto di gomma per smorzare le vibrazioni delle corde e del telaio rappresentò la punta di diamante.

     Non erano da meno la serie ‘CTS’ (Constant Taper System) al quale fu associato il brevetto ‘CGS’ (Cushion Grip System), e la ‘Approach 90’ con la quale Prince sbaragliò il mercato.

     Nel frattempo il diciassettenne Michael Chang vince a Parigi con la Prince ‘PGO’ battendo il numero uno del mondo Ivan Lendl e, come già ricordato,  Pat Cash vince a Wimbledon con una Prince ‘Magnesium Pro’.

     Il 1990 fu tempestato di successi analoghi e sempre con la Prince ‘PGO’ per mano di giovani promesse come la sedicenne Monica Seles e la bellissima Gabriella Sabatini  capaci di battere in finali di Slam la numero uno del mondo Steffy Graf.

     Ma vi erano anche altri campioni come per esempio: André Agassi, Boetsch Arraud, Horacio De La pena, Amanda Coetzer, Amy Frazier, Chaill Darren, Elna Reinach, Sabine Hach, Anna Smith, Helen Kelesi, Ines Gorrochategui, Jaime Oncic, Katrina Adams, Lory Mcneil, Martin Jaite, Michel Schapers, Nicklas Kulti, Nicole Jagerman, Richey Renberg, Thomas Carbonell, Rodolphe Gilbert, Marijana Lucic, Renzo Furlan, Thom Enquist, Lisa Raymond, Silvia Farina e tantissimi altri ancora.

     Vortex, il genio incompreso.

     Potrebbe sembrare il titolo di un film ma è solo una citazione per meglio far comprendere il valore di questo telaio presentato all’ISPO di Monaco del 1991, anche se (come si diceva una volta) ci vorrebbero ‘fiumi d’inchiostro’ per descriverne il valore tecnico. Un progetto senza precedenti: costruita con l’impiego di polimeri e fibra di carbonio, l’avveniristica ‘Vortex’ lanciò la sfida alle leggi fisiche, risultando una racchetta rigida secondo lo schema di costruzione, ma con la sensazione in fase di gioco d’impugnare un telaio estremamente flessibile.

     Gli anni novanta furono un susseguirsi di successi: dalla Seles alla Sharapova, da Chang a Rafter, per mano di questi, e altri ancora, la Prince consolidò la sua leadership nel mondo delle racchette da tennis. Con l’avvento del terzo millennio la casa americana ha visto salire sul gradino più alto del podio quasi sempre i fratelli Bryan, imbattibili in doppio. Altri testimonial vincenti sono stati Jennifer Capriati, Juan Carlos Ferrero, Jelena Jankovic, Samantha Stosur, Shahar Peer, Ai Sugiyama. David Ferrer e altri ancora.

     In tutti questi anni l’impegno tecnologico della Prince, sia nella ricerca che nella progettazione, è stato sempre notevole: molti validi brevetti si sono succeduti con successo (CTS, Extender, Mono, Longbody, Titanium, Morphbeam, Triple Thread, More+ ed altri ancora) ed ora, con rilevamento del marchio da parte di una cordata di azionisti (di cui fa parte anche la Tretorn), continua perenne la sua avventura.



    Prince 88 double Bridge

    Prince racchettone

    Prince Woodie (P. McNamara)

    Prince Graphite – 01 (G. Mayer, G. Sabatini, M. Chang, A. Agassi, altri)

     
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